Teatro Mancinelli Orvieto

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Il Teatro Mancinelli

La residenza artistica ideale

Siamo in corso Cavour ad Orvieto, lungo quello stesso asse viario che già in età etrusca attraversava la città da est ad ovest. E’ qui che al numero 122, a pochi passi dal Duomo e non distante dalla piazza principale, s’incontra il Teatro Mancinelli, edificio neoclassico considerato tra i più interessanti esempi architettonici di teatri ottocenteschi italiani. La struttura, sempre più richiesta dalle compagnie per le sue caratteristiche funzionali di “residenza artistica ideale”, fu riaperta al pubblico nel dicembre del 1993, dopo l’attento restauro che gli restituì integra la sua bellezza originaria. Da allora il teatro orvietano ospita spettacoli di alto livello, programmati e gestiti con successo dall’Associazione TeMa, in collaborazione con il Comune di Orvieto. Di anno in anno le programmazioni proposte hanno raccolto il favore di un pubblico vasto ed eterogeneo, non solo proveniente da Orvieto ma anche da altre parti dell’Umbria e del centro Italia. Un fenomeno unico nella nostra regione, dovuto anche alla fortunata posizione geografica di Orvieto che fin dall’antichità ha fatto della rupe un crocevia di scambi culturali e commerciali per popolazioni provenienti da varie parti del centro Italia. Dal 1993 ad oggi sono stati numerosissimi gli spettatori del Mancinelli che hanno riempito i 560 posti del teatro per applaudire gli spettacoli proposti con programmazioni ricche e diversificate, preparate con cura nell’intento di rispecchiare il più possibile le esigenze e i gusti del pubblico. Ma le stagioni di prosa, i festival jazz, i cartelloni di danza e musica d’autore, di teatro comico e d’innovazione, sono soltanto alcune delle attività che si tengono all’interno del teatro di Orvieto. Accanto alla gestione diretta del Teatro Mancinelli e alla tipica attività di ospitalità delle compagnie, che si avvicendano nelle diverse Stagioni Teatrali, l’Associazione TeMa continua a svolgere e sperimentare con successo numerose altre iniziative. In particolare l’attività programmata contempla non solo l’organizzazione della Stagione Teatrale, ma anche la produzione di spettacoli, la promozione del progetto turistico e culturale “Visita a Teatro”.

 


 

La storia

 La mancanza di reperti archeologici che attestino l’esistenza di un teatro nella Orvieto etrusca, non significa che nella società dell’antica Velzna non vi fosse un luogo riservato alle attività ludiche e di spettacolo. Ma per trovare documenti che attestino l’esistenza di spazi deputati alle rappresentazioni teatrali, si dovrà attendere il medioevo, quando nelle chiese e negli oratori delle confraternite cittadine venivano ospitate le cosiddette Sacre Rappresentazioni. Bisognerà addirittura aspettare il XVI secolo per trovare uno spazio pubblico utilizzato per gli spettacoli: nel 1572 è documentato l’uso della sala superiore del Palazzo del Capitano del Popolo, da parte di un gruppo di attori comici, riuniti nella cosiddetta Accademia degli Scemi (anche nota come Accademia dei Confusi). La tradizione teatrale ad Orvieto segnò poi una svolta importante durante il Carnevale del 1680, quando fu istituita la nuova Accademia del Teatro, denominata “dei Misti”, che ricevette addirittura la protezione della regina Cristina di Svezia. Una protezione molto utile ed ambita, che giunse però del tutto imprevedibile da parte di quella stessa regina che nel 1657 aveva ordinato l’uccisione del suo amante Gian Rinaldo Monaldeschi. La protezione offerta all’Accademia (di cui all’epoca era primo principe un parente stretto di Gian Rinaldo, Paolo Antonio Monaldeschi) fu ovviamente accettata e opportunamente interpretata come atto di pacificazione tra la nobile famiglia orvietana e la casa reale di Svezia. Man mano che l’attività teatrale dell’Accademia dei Misti continuava ad essere ospitata nel Palazzo del Capitano, si faceva sempre più forte la necessità di un teatro in città. Ma fu solo nel 1838 che il sogno cominciò a divenire realtà, quando un gruppo di cittadini orvietani, stanchi dell’ormai vecchia e inadeguata struttura lignea che aveva ospitato gli spettatori per oltre 150 anni nel Palazzo pubblico, decisero di fondare un consorzio allo scopo di finanziare e realizzare il nuovo Teatro di Orvieto.

 


 

 La facciata del teatro

Il Teatro Mancinelli s’incontra lungo Corso Cavour, il principale asse viario che attraversa il centro storico da est ad ovest, proprio in corrispondenza dell’antico decumano etrusco della città di Velzna. L’elegante facciata che si erge, non distante dal Duomo e da piazza della Repubblica, richiama agli occhi del passante l’inconfondibile stile neoclassico che caratterizza anche internamente l’edificio ottocentesco e che porta la firma dell’architetto Virginio Vespignani.

 


 

Il foyer

Particolarmente elegante ed accogliente è il foyer al piano nobile, dove una bellissima galleria con volta a botte richiama ancora una volta gli stilemi del mondo classico e rinascimentale. Lo stile classico che è riproposto anche nella scelta degli elementi ornamentali come rosette, capitelli corinzi e balaustre. Il foyer del Teatro Mancinelli viene oggi utilizzato come sede di convegni, incontri, matrimoni civili ed anche per particolari concerti o spettacoli. Alzando gli occhi al soffitto, al centro di ogni lato, entro quattro rettangoli sono rappresentate le Stagioni: e cioè la primavera con il trionfo d’amore, l’estate con la mietitura, l’autunno col ritorno della vendemmia, l’inverno con la caccia al cinghiale. Nelle nicchie quattro soggetti raffiguranti Apollineo, Faunetto, Venere e Psiche furono realizzate in gesso sul modello di statue marmoree classiche. Al centro del soffitto della Sala Gialla, così chiamata per il colore giallo oro della carta da parati, Fracassini dipinse, sempre a tempera, l’Armonia: una giovane donna è raffigurata mentre esegue con un piccolo organo le armonie trascritte su di un cartiglio sorretto da un Genio alato. Nella Sala di destra, detta Blu per la carta da parati color blu lapislazzulo, è raffigurata la Poesia alata che sta per prendere la lira che un altro Genio le porge. Secondo il Piccolomini tre giornate bastarono al pittore per compiere entrambe le opere della Poesia e dell’Armonia. La celerità di esecuzione di Fracassini contribuì a creare intorno a lui quell’immagine di artista romantico legata all’ideale eroico dell’epoca.

 


 

L’atrio del teatro

Una volta conclusi i lavori architettonici nel 1862 (ancora oggi si legge su una delle capriate della copertura “fu fatta questa incavallatura nell’anno 1862 e alli 13 di giugno fu messa a posto”), fu finalmente possibile avviare la decorazione dei vari ambienti interni. Entrando nell’atrio le pitture murali anticipano lo stile unitario che caratterizza i vari ambienti interni, rimandando ad un eclettismo neoclassico cinquecentesco e secentesco. Tre interessanti affreschi realizzati a monocromo rappresentano da sinistra a destra la tragedia, la musica e la commedia. Le tre arti torneranno protagoniste, seppure con altre sembianze, anche nei dipinti murali del foyer e in quelli dell’arco armonico in platea. D’altronde alle tre muse che presiedevano le arti teatrali per eccellenza, vennero dedicati molti teatri ottocenteschi (e ciò si evince anche dal primo disegno dell’architetto Santini).

 


 

Il plafond

Uno splendido lampadario scende dalla copertura riccamente decorata. La luce e i colori del plafond attirano subito lo sguardo del visitatore che resta affascinato dai dipinti raffiguranti le dodici allegorie delle Ore. Come in una danza, le figure femminili sembrano muoversi con grazia ed eleganza, quasi sospese nell’etere. L’opera è dell’artista romano di origine orvietana, Cesare Fracassini, il cui linguaggio decorativo riporta all’ideale classico neo-cinquecentesco tanto in voga nel XIX secolo. Esattamente sopra l’orologio si scorge l’Aurora e a seguire, proseguendo con lo sguardo verso destra, la Preghiera, il Bagno e la Toletta, quindi il Lavoro e il Vitto, la Ricreazione e lo Studio, per poi proseguire con il Passeggio, la Malinconia, la Società ed infine il meritato Riposo. All’esterno di questo girotondo di figure allegoriche, scopriamo poi i ritratti di alcuni compositori di musica come Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Mercadante e Pacini; seguono i poeti Metastasio, Alfieri, Goldoni, Romani, e i compositori di ballo Rota e Vigano. Colpisce l’esecuzione eseguita a monocromo e di profilo, sul modello classico delle medaglie antiche. I particolari non smettono di stupire: nelle lunette a fondo azzurro compaiono diciannove putti volanti con gli emblemi della fama.

 


 

I portici

L’architetto romano Virgilio Vespignani oltre a disegnare l’attuale facciata (il relativo disegno acquerellato è conservato all’Archivio di Stato di Orvieto) diresse anche i lavori architettonici di tutto l’edificio, utilizzando come modello di riferimento gli elementi ornamentali dell’architettura classica. L’ingresso è particolarmente elegante caratterizzato com’è da una serie di portici in stile neorinascimentale, il cui disegno modulare ad archi a tutto sesto si ripete anche al piano superiore, in corrispondenza della bellissima galleria del Foyer.

 


 

Il sipario storico

Due sono i sipari originali: quello detto “comodino”, dipinto su tela dal perugino Annibale Angelici, che propone una finta architettura quasi a creare l’illusione tridimensionale di un interno a 360 gradi. Con il Comodino calato lo spazio della platea sembra infatti abbracciare gli spettatori senza soluzione di continuità. Vi è poi il sipario principale, il prezioso capolavoro di Cesare Fracassini il cui soggetto richiama un evento storico del 535 d.C. in cui il generale Belisario è rappresentato con il suo esercito bizantino, mentre libera Orvieto dall’assedio dei Goti. L’accaduto, documentato anche nel De Bello Gothico di Procopio da Cesarea, richiama un tema patriottico che ben si adatta all’ideale risorgimentale della seconda metà dell’800. Degne di nota sono: la puntuale riproduzione dei costumi storici dei numerosi personaggi che affollano la scena, l’attenta rappresentazione della rupe di Orvieto sullo sfondo e la varietà di emozioni che esprimono i volti dei soldati che hanno partecipato alla dura battaglia. L’artista realizzò la grandiosa composizione in soli quaranta giorni e prima di trasportarla ad Orvieto la espose nel 1866 al Teatro Argentina di Roma, dove pochi anni prima aveva già realizzato il sipario raffigurante Numa che ascolta i consigli della ninfa Egeria. Si narra che i romani che si recarono in teatro per ammirare il nuovo sipario orvietano, a lungo ricordarono lo stupore “di quella sera che il teatro fu angusto per tanto popolo, ed al primo entrare era un oh! di piacere e di meraviglia” .

 


 

La platea e i palchi

 Dei 560 posti che contiene complessivamente il teatro ben 180 sono quelli ospitati in platea . L’ambiente, arricchito dalle eleganti pitture del plafond e dell’arco armonico e dalle decorazioni a stucco delle pareti, è particolarmente apprezzato anche per la sua perfetta acustica. Il restauro, concluso nel 1993, è stato infatti effettuato recuperando non solo gli elementi decorativi ma anche quelli di tipo funzionale come ad esempio le casse armoniche. Le ottimali caratteristiche acustiche del teatro sono infatti dovute proprio alla presenza delle casse armoniche e dei cunicoli ricostruiti in fase di restauro nel sottoplatea, allo scopo di distribuire le fonti sonore provenienti dal palcoscenico verso tutta la cavea. Per consentire la comunicazione sonora con le casse armoniche ed i cunicoli, si è creato uno spessore d’aria al di sotto del nuovo pavimento in tavolate di larice, fissando queste ultime su traversine di legno, a loro volta fissate al sottostante massetto in cocciopesto. Il tutto è stato effettuato nel rispetto delle ubicazioni e dei materiali originari (muratura di tufo e malta di calce).

 


 

L’arco armonico

Un’altra sorpresa decorativa appare all’interno dell’arco armonico. Entro cornici circolari inserite in esagoni, Cesare Fracassini ha dipinto tre delle nove muse, figlie di Zeus e della ninfa Mnemosine, che risiedevano nell'Olimpo greco ed erano ritenute ispiratrici e protettrici delle arti. A destra è rappresentata Melpomene che presiede alla tragedia, riconoscibile dallo scettro e dal pugnale insanguinato che tiene nella mano destra. Al centro sta Euterpe, considerata l’inventrice e la protettrice della musica, il cui nome significa “colei che sa piacere” e che è identificabile per la lira e per le vesti che svolazzano mosse dal vento, quasi ad invitare l’osservatore alla danza. A sinistra invece troviamo Talia il cui nome deriva da thallein (fiorire), che simboleggia la commedia e la satira come si può dedurre dalla maschera che le sta al fianco.

 


 

Il golfo mistico

Il golfo mistico, ovvero quello che in gergo teatrale viene chiamato la fossa degli orchestrali, ha una superficie di circa 60 mq e può ospitare fino a 30 orchestrali. La “fossa” prosegue, in corrispondenza dell’avanscena, nello spazio chiuso che si estende nel sottopalcoscenico e la cui altezza è di circa 3 metri. Una balaustra smontabile separa la fossa degli orchestrali dal resto della platea, rendendo così possibile un eventuale prolungamento del palcoscenico, semplicemente tramite l’inserimento di un piano in legno.

 


 

Le scale antiche

Due eleganti scalinate in pietra serena si aprono ai lati dell’ingresso della platea e salgono verso i quattro ordini di palchi ed il loggione. Lungo la scalinata di destra si incontrano, ospitati nelle rispettive nicchie, i busti dell’architetto Vespignani e del pittore Fracassini (quest’ultimo firmato dallo scultore romano Emilio Dies e datato 1885). Lungo la scalinata di sinistra furono collocati altri due busti, scolpiti dallo scultore orvietano Paolo Pollidori, e raffiguranti i fratelli insigni Luigi e Marino Mancinelli. Con una deliberazione comunale del 9 marzo 1922, fu intitolato alla memoria di entrambi il nuovo teatro civico di Orvieto. Il 15 di agosto dello stesso anno si tennero in città e nel teatro le solenni onoranze ufficiali, tributate dai cittadini di Orvieto a entrambi i due grandi musicisti: a Marino, la cui superba carriera fu stroncata dal tragico suicidio avvenuto a Rio de Janeiro nel 1904; e a Luigi, scomparso di morte naturale nel 1921, divenuto ormai famoso sia come direttore che come compositore nei più grandi teatri del mondo.

Visita a teatro

 

ENGLISH VERSION

THE MANCINELLI THEATER

 The ideal artistic residence

 Corso Cavour in Orvieto. In Etruscan times this was the main road that crossed the city from east to west. And it is here, at number 122, with the Cathedral rising up a stone’s throw away, is the Mancinelli Theater, a neoclassic structure considered one of the most interesting examples of nineteenth-century Italian theaters. It was reopened in its original splendor to the public in December 1993, after restoration that had lasted several years. Since then the theater in Orvieto hosts high level entertainment, successfully programmed and managed by the TeMa Association, in collaboration with the City of Orvieto. Every year the proposed programs have encountered the favor of a large and varied public, not only from Orvieto but from other parts of Umbria and central Italy, thanks also to Orvieto’s geographic position on the principal communication routes that have made the city a crossroads for culture and trade in central Italy since Etruscan times. From 1993 to today a host of spectators have filled the theater’s 560 seats to applaud the productions offered in the theater season, ranging from comedies to avant-garde, jazz, dance and music.

In addition to managing the Theater and the relative activities of hosting theater companies, the TeMa Association continues to carry out and experiment many other initiatives. Aside from the organization of the Theater Season, these include the theater productions and the promotion of the tourist and cultural “Visit to the Theater” project.

 


 

Historical background

The fact that we have no archaeological finds that bear witness to the existence of a theater in Etruscan Orvieto does not mean that there was no place for games and performances in the ancient Velzna. Documents attesting to the existence of specific spaces for theater performances do however turn up in the Middle Ages, when the so-called Sacred Representations were given in the churches and oratories of the city confraternities. However a public space for performances is not documented until the sixteenth century. In 1572 a group of comic actors who belonged to the so-called Accademia degli Scemi (scemo in Italian is fool) (also known as Accademia dei Confusi) used the upper room of the Palazzo del Capitano del Popolo. Theater tradition in Orvieto then took an important turn during the Carnival of 1680 when the new Accademia del Teatro, known as “dei Misti”, was formed and put, of all things, under the protection of Queen Christina of Sweden. Certainly protection of this kind was very welcome, as well as completely unexpected, since in 1657 Christina had had Gian Rinaldo Monaldeschi, allegedly her lover, assassinated. Obviously the Academy accepted this honor (at the time Paolo Antonio Monaldeschi, a close relative of Gian Rinaldo, was First Prince of the Academy) interpreted as an act of pacification between the noble Orvieto family and the royal house of Sweden.

Although the Accademia dei Misti continued to use the Palazzo del Capitano for their theater activities, it gradually became evident that there was need of a theater in the city. Finally in 1838 a group of citizens of Orvieto, tired of the outdated and inadequate wooden seating facilities used for over 150 years in the public Palazzo, decided to found a consortium to finance and build a new Theater in Orvieto.

 


 

The facade of the theater

 The Mancinelli Theater is located along Corso Cavour, the principal thoroughfare that crosses the historical center from east to west, along the route of the original Etruscan decumanus of the city of Velzna. The elegant facade on the Corso, not far from the Cathedral and Piazza della Republica, is in the unmistakable neoclassic style that characterizes the interior of this nineteenth-century building that was designed by the architect Virginio Vespignani.

 


 

The foyer

The foyer on the first floor is particularly elegant and welcoming with a barrel vault that echoes the stylistic elements of the classic and Renaissance world. The rosettes, Corinthian capitals and balustrades are also in classic taste. The foyer of the Mancinelli Theater is used today for meetings of various sorts and civilian weddings as well as special concerts or performances. On the ceiling the four seasons are depicted in four rectangles set at the center of every side: Spring with the triumph of love, Summer with winnowing, Autumn with the return from the grape harvest, Winter with the boar hunt. The four plaster figures in the niches, modeled on classic marble statues, represent Apollo, a Faun, Venus and Psyche.

At the center of the ceiling of the Yellow Room, with golden yellow wallpaper, Fracassini painted Harmony in tempera - a young woman playing a small organ and reading the score from a scroll held by a winged putto. In the room on the right, the Blue Room with wallpaper the color of lapis lazuli, winged Poetry is about to receive the lyre from another putto. According to the historian Piccolomini it took the painter only three days to paint both Poetry and Harmony. Fracassini’s speed of execution helped to create a picture of him as a Romantic artist working in the heroic ideal of the time.

 


 

The atrium

Once the structures were terminated in 1862 (one can still read on one of the roof truss beams (this roof truss was made in the year 1862 and placed on June 13), decoration of the various rooms could be begun. The wall paintings in the atrium are an anticipation of the unified style that characterizes the various other rooms, inspired by a sixteenth- and seventeenth-century neoclassic eclecticism. Three interesting monochrome frescoes depict, left to right, Tragedy, Music and Comedy. The three arts will show up again, although in other forms, in the wall paintings in the foyer and in those on the proscenium arch in the auditorium. On the other hand many nineteenth-century theaters were dedicated to the three theater muses (shown in the first design by the architect, Santini).

 


 

The ceiling

A splendid chandelier hangs from the richly decorated ceiling, a focal point surrounded by the twelve allegories of the Hours, painted by Cesare Fracassini. The elegant female figures move in a graceful dance, floating in the ether. The decorative idiom of this Roman artist of Orvieto origins echoes the neo-sixteenth century classic ideal so fashionable in the nineteenth century. Aurora is right above the clock, followed, towards the right, by Prayer, the Bath and the Toilette, then Work and Food, Recreation and Study, followed by the Promenade, Melancholy, Society and lastly the well-earned Rest. Portraits of various composers are set in medallions around this carousel of allegorical figures. They include Rossini, Bellini, Donizetti, Verdi, Mercadante and Pacini. Next come the poets Metastasio, Alfieri, Goldoni, Romani, and Rota and Vigano ballet composers. The monochrome heads are shown in profile, as in ancient Roman coins. Among the other countless details are the nineteen flying putti with the emblems of fame in the blue-ground lunettes.

 


 

The porticoes

In addition to designing the facade (the water-color drawing is in the State Archives of Orvieto), the Roman architect Virgilio Vespignani also directed the architectural work on the entire building, using as his referential models the ornamental elements of classic architecture. The entrance is particularly elegant with its porticoes in neo-Renaissance style with a modular design of round-headed arches repeated on the upper floor, in correspondence to the lovely gallery in the Foyer.

 


 

The historical stage curtain

There are two original stage curtains: one known as “comodino” (drop-curtain) painted on canvas by Annibale Angelini from Perugia, with a simulated architecture almost creating the three-dimensional illusion of a 360-degree interior. When the drop-curtain is lowered, the space of the auditorium does seem to embrace the spectators completely. Then there is the main stage curtain, the masterpiece by Cesare Fracassini. The subject refers to a historical event of 535 AD, when the Byzantine general Belisarius and his army drove the Goths from Orvieto. The event is also documented in De Bello Gothico by Procopius of Caesarea and echoes a patriotic theme well in line with the ideals of the Risorgimento of the second half of the nineteenth century. To be noted particularly is the care with which the historical costumes of the many figures crowding the scene have been depicted, the cliff of Orvieto in the background and the variety of emotions in the faces of the soldiers who took part in the battle.

It took the artist only forty days to paint this imposing scene. In 1866, before being taken to Orvieto, it was exhibited in the Teatro Argentina in Rome, where a few years earlier he had painted the stage curtain with Numa listening to the counsels of the nymph Egeria. It is said that the Romans who went to the theater to admire the new stage curtain for Orvieto long remembered “that evening where in the theater there was no more room for the people who on entering exclaimed an oh! of delight and marvel.”

 


 

The orchestra and the boxes

 All in all the theater has 560 seats, 180 of which are in the orchestra. With elegant paintings on the ceiling and on the proscenium arch and stucco decorations on the walls, the acoustics are particularly fine. Restoration, terminated in 1993, not only recuperated the decorative elements, but also those of a functional nature such as the resonance chambers. The excellent acoustics of the theater are due to the presence of sounding boards and tunnels rebuilt during restoration underneath the auditorium to distribute the sound sources from the stage to the entire auditorium. To consent sound communication with the sounding boards and the tunnels, an air space was created beneath the new larch wood flooring, which were attached to wooden crosspieces, in turn attached to the underlying cocciopesto (mortar with potsherds) footing. The original placing and materials (tufa masonry with lime mortar) were always respected.

 


 

The proscenium arch

On the under side of the proscenium arch, also known in Italian as the “harmonic arch”, Cesare Fracassini painted three of the nine Muses, daughters of Zeus and the nymph Mnemosyne, in round frames set into hexagons. The Muses are the patrons of the arts. On the right is Melpomene who presides over tragedy, identified by the scepter and the bloody dagger in her right hand. At the center is Euterpe, muse of dance and lyric poetry, holding a lyre and with her garments fluttering in the wind, an invitation to the dance. On the left is Thalia whose name comes from thallein (“to bloom”), symbolizing comedy and satire, to which the mask at her side refers.

 


 

“The mystic gulf”

The area of what Wagner called the mystic gulf, or the orchestra pit, is around 60 meters square and can contain up to 30 musicians. The pit continues, in correspondence with the proscenium (apron stage), in the closed space that extends into the stage trap-cellar and which is about 3 meters high. A folding balustrade separates the orchestra pit from the rest of the auditorium, so that if required the stage can be extended simply by inserting a wooden floor.

 


 

The old stairs

Two elegant staircases in pietra serena on either side of the entrance to the auditorium lead to the four orders of boxes and the gallery. Along the right-hand staircase, in niches, are the busts of the architect Vespignani and the painter Fracassini (signed by the Roman sculptor Emilio Dies and dated 1885). Along the left-hand staircase two other busts, by the Orvieto sculptor Paolo Pollidori, represent the eminent brothers Luigi and Marino Mancinelli. A municipal resolution of March 9, 1922 dedicated the new civic theater of Orvieto to their memory. On August 15 of that year the citizens of Orvieto attributed solemn official honors to both of these great musicians: Marino, whose superb career was interrupted by his tragic suicide in Rio de Janeiro in 1894, and Luigi, who died in 1921, famous both as conductor and composer in the most important theaters in the w