Teatro Mancinelli Orvieto

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VISIONI DI FUTURO Rassegna di Teatro Contemporaneo - Stag. Teatr. 2013-2014

Orvieto, Teatro Mancinelli – Teatro del Carmine

27 ottobre 2013 – 4 aprile 2014

 

“Il tempo che vivremo non sta di fronte a noi come un contenitore vuoto, una promessa o una minaccia. Più del presente, è il futuro il tempo della concretezza. Basta sottrarlo alle nostre fuorvianti proiezioni” (Da "Futuro" di Marc Auge’)

VISIONI di FUTURO: in un tempo di incertezza, di fragilità e di paure, alzare lo sguardo, mettersi in viaggio è il nostro lo sforzo, uno sforzo Prometeico, la missione del nostro Stabile di Innovazione.

PRE/vedere, alzare lo sguardo, uscire “dall’eterno presente” - come lo definisce Marc Augè nel suo bellissimo saggio – un eterno presente che uccide ogni possibile futuro, ogni sogno, soprattutto per le nuove generazioni.

VISIONI è il respiro di un tempo che ci appartiene e che recuperiamo, incontrandoci in quel luogo deputato che è il teatro, dove “la sostanza di cui sono fatti i sogni si rende manifesta, chiara e palpabile”.

 

Maurizio Panici
Direttore Artistico Ar.Tè Teatro Stabile d’Innovazione

 

PROGRAMMA


Teatro del Carmine   Domenica 27 ottobre ore 18

CASHMERE W A

di Leonardo Staglianò

con Stefania Barca, Anna Favella, Alessandro Federico, Massimiliano Franciosa,

Massimiliano Iacolucci, Tiziano Panici

scene Tiziano Fario

costumi Valentina Zucchet

interventi visuali Andrea Giansanti

regia Maurizio Panici

produzione Ar.Tè - Centro Diego Fabbri di Forlì

Testo vincitore Premio Scrittura Teatrale Diego Fabbri Forlì – Edizione Centenario con l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica

 

CASHMERE WA è il viaggio di formazione di un ragazzo che, dopo la morte della madre, inizia a giocare una scommessa estremamente impegnativa con se stesso: durante questo cammino incontrerà, come in una moderna tragedia, diversi personaggi, fino al confronto finale con il padre. Un testo duro e senza sconti che parla di un necessario e disperato confronto tra generazioni. Formatosi alla scuola Holden di Torino e poi perfezionatosi alla prestigiosa Tisch School of the Arts, il giovanissimo autore Leonardo Staglianò è anche lo sceneggiatore del lungometraggio "Yuri Esposito", che è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2013.

Alaska, 1978. Ryan ha 18 anni, una volontà di ferro e un piccone in mano. Da quando la madre è morta, sei mesi prima, vive in una galleria costruita all’epoca della corsa all’oro e passa le sue giornate scavando: il suo obiettivo è raggiungere la costa all’estremo nord dell’Alaska, dove l’Aurora Boreale “non è solo un’immagine, ma anche un suono, una voce”. Ryan ha fatto una promessa: deve “afferrare le luci dell’Aurora Boreale e portarle a casa”, la stessa casa in cui è morta la madre. Nel corso dello spettacolo scopriremo che quella promessa ha che fare con una colpa e che Ryan infine realizzerà il suo obiettivo, in maniera del tutto inaspettata.

Lo spettacolo rientra nel progetto Teatro Accessibile che prevede repliche con l’audiodescrizione per i non vedenti e la sopratitolazione per i non udenti.

 

Teatro Mancinelli   Giovedì 16 gennaio ore 21

Il Teatro delle Donne - Centro Nazionale di Drammaturgia

BALKAN BURGER

è la storia di Razna che visse più volte

di Stefano Massini

con Luisa Cattaneo

musica composta ed eseguita dal vivo da Enrico Fink

produzione Il Teatro delle Donne - Centro Nazionale di Drammaturgia

Una storia incredibile, quella di Razna. Nata in una delle tante comunità ebraiche rimaste illese dall’invasione turca, vedrà cambiare la sua vita con il ritmo di una ballata kletzmer. Perché le carte si ridanno di continuo, al tavolo da gioco dei balcani. Quindi Razna danza con Dio, comunque lo si chiami. Sullo sfondo di un’Hercegovna dove “se preghi Dio si girano in quattro”, cambierà quattro volte vita e religione. Con la leggerezza rassegnata della vittima sacrificale, Razna muore e rinasce di continuo, perché di continuo la storia cambia maschera e camuffa il viso.

Tutto scorre, tutto si trasforma al gran bazar delle religioni slave: Roze diventa Razna, impara preghiere cattoliche e litanie ortodosse, lei, figlia di rabbino, frequenterà preti, monache, un iman e un Pope. Un racconto tutto da ascoltare, una galleria implacabile di personaggi e di situazioni, intrecciate fra loro con il filo conduttore di una macelleria titanica dove fra uomini e bestie non c’è poi gran differenza. Il monologo di Stefano Massini è affidato a Luisa Cattaneo già protagonista di alcuni dei suoi più noti testi (“La gabbia”, “Donna non rieducabile”, “Frankenstein”, “L’Italia s’è desta”). Sul palco con lei, in questa affascinante cavalcata fra ironia e dramma, è il noto musicista Enrico Fink, qui autore di una vera e propria drammaturgia musicale sospesa fra kletzmer e Bregovic.

 

Teatro Mancinelli   Sabato 8 febbraio ore 21

Compagnia di Teatro Integrato Amleto in viaggio

CHIAMATEMI ISMAELE

liberamente tratto da “Moby Dick” di Herman Melville

produzione Amleto in Viaggio

Lo spettacolo indaga principalmente due aspetti: la parte acquea del mondo e la balena bianca. Che cosa c’è in mare? Nell’oceano c’è solo mare e orizzonte, come si può vedere anche dalla terra. E allora, che cosa si cerca? Il pericolo, la precarietà, la possibilità di misurarsi con forze soverchianti, molto più potenti di noi e con gli abissi, della natura e delle sue leggi, le profondità imperscrutabili di Dio e, soprattutto, di noi stessi e dei nostri demoni.

Sotto forma di Moby Dick sono, però, i nostri stessi demoni a cui diamo l’assalto, senza alcuna speranza – secondo Melville – di uscirne vincitori: il nodo della vita pare, infatti, non sciogliersi mai. La battaglia di Achab è anche la battaglia spirituale dell’uomo alla ricerca disperata di un senso per la propria vita. La sua caccia è una ricerca delle ragioni ultime dell’essere e del mondo a prezzo degli affetti, della patria e della stessa vita. Non c’è nessun senso nell’universo se non quello che l’uomo si crea. L’essere umano resta così immerso nei suoi perché, facendo riecheggiare, ancora una volta, la domanda retorica pronunciata da Ismaele all’inizio dell’opera: “ Quale significato in tutto questo? “

 

Teatro Mancinelli   Sabato 1 marzo ore 21 - Domenica 2 marzo ore 17

Ar.Té - Compagnia dei Giovani
PINOCCHIO  
di Carlo Collodi  

adattamento teatrale Tiziano Panici e Alice Spisa
con Renato Campese, Rosa Diletta Rossi, Alice Spisa, Rocco Piciulo, Emanuele Avallone, Daniele Spadaro, Eugenio De Vito

luci Roberto Rocca

costumi Marta Genovese

regia Tiziano Panici

produzione Ar.Tè Teatro Stabile d’Innovazione

La celebre storia del burattino di legno rivive attraverso la fascinazione clownesca del nouveau cirque. Questa rivisitazione gitana della celebre opera restituisce agli spettatori di ogni età l’immagine di un’Italia ancestrale e picaresca sommersa nei suoi eterni limiti dove i personaggi della storia si aggirano trascinando un calesse magico che contiene la città de balocchi, il teatro di mangiafuoco e il ventre della balena... tutto l’universo di Pinocchio.

Ho pensato di fabbricarmi da me un bel burattino di legno; ma un burattino meraviglioso, che sappia ballare, tirare di scherma e fare i salti mortali. Con questo burattino voglio girare il mondo, per buscarmi un tozzo di pane e un bicchier di vino, che ve ne pare? “ Con queste parole il buon mastro Geppetto segna la sua condanna... o l’inizio di una grande avventura. Infatti il suo desiderio si realizzerà ma, come spesso accade, in maniera inaspettata. La nostra storia inizia quando finisce quella di Pinocchio. O meglio poco prima... non sappiamo infatti se verrà trasformato in un bambino vero. Noi lo troviamo a dirigere un folle teatro dei balocchi dove ogni attore/burattino è costretto a recitare la propria parte. Per Sempre! La strampalata compagnia vive su un carretto dimesso e vive dei frutti che la strada può offrire: un tozzo di pane e un bicchier di vino quando va bene e... i resti di una pera quando va male. A “spingere il carretto”, c’è il vecchio “Polendina”, ormai consumato e stanco che però non si arrende e risponde al proprio dovere, visto che ogni uomo è artefice del proprio destino.

 

Teatro Mancinelli  Domenica 9 marzo ore 17

Associazione Culturale Arte e Spettacolo DOMOVOJ

ALICE

tratto dal capolavoro di Lewis Carrol

regia Matteo Tarasco

con Romina Mondello, Salvatore Rancatore, Giulia Galiani, Odette Piscitelli

produzione Associazione Culturale Arte e Spettacolo Domovoj

Uno spettacolo visionario e immaginifico, onirico e anche un po' felliniano, che conquista anche con la fantasia. “Nella storia di Alice  - scrive nelle note di regia Matteo Tarasco - lo specchio rappresenta un confine, al di là del quale tutti noi possiamo credere di essere o di non essere principi, re e regine. Alice scappa e si rifugia nella follia della finzione, dove tutto può essere o non essere, ma nulla è un problema, bensì un enigma, che altro non è che un problema senza soluzione".

"Alice non è uno spettacolo per bambini. - continua Tarasco - Se i libri di Alice hanno acquisito la certezza dell'immortalità è perché continuano ad essere letti e gustati dagli adulti. Carrol ci conduce in un viaggio nel profondo dell'animo umano, dove le contraddizioni più aspre si fondono, per restituire un'immagine del mondo vividamente controversa. Un mondo di meraviglie osservato attraverso lo specchio della propria coscienza, che sempre ci restituisce un'immagine distorta e traslata dell'essere. Mettere in scena Alice, capolavoro della letteratura inglese dell'Ottocento, vuole essere un tentativo di raccontare l'odierno spaesamento quotidiano di una generazione incompresa, un tentativo per riacquistare, attraverso la fascinazione del palcoscenico, i valori della parola poetica, che crediamo oggi

 

Venerdì 4 aprile ore 21

Teatrino Giullare

FINALE DI PARTITA

diretto e interpretato da Teatrino Giullare

traduzione Carlo Fruttero

scenografia e pedine Cicuska

maschere Fratelli De Marchi

produzione Teatrino Giullare

PREMIO SPECIALE UBU 2006, PREMIO NAZIONALE DELLA CRITICA 2006, PREMIO DELLA GIURIA AL 47^ FESTIVAL INTERNAZIONALE MESS DI SARAJEVO 2007

Allestimento per scacchiera per pedine e due giocatori

Una partita a scacchi tra attori-giocatori che muovono le pedine e pedine-personaggi che muovono una delle storie più significative ed enigmatiche della drammaturgia del Novecento. La rappresentazione è una sinfonia di mosse e contromosse, botte e risposte, pause, riflessioni, sospiri, rinunce. In questo Finale di partita il capolavoro di Beckett è visto attraverso le possibilità di movimento di due pedine da scacchi e la tensione e la partecipazione dei due giocatori.

Hamm pedina ferma e cieca, Clov pedina che si affanna per la scacchiera senza potersi mai sedere, anche lui sulla strada della cecità e dell'immobilità e nel tentativo di prendere la strada verso l'uscita. Nagg e Nell pedine fuori gioco, pedine a metà rinchiuse in bidoni. L'affinità tra il contenuto del testo e il gioco degli scacchi è stata manifestata dallo stesso Beckett e il finale di partita è la terza e ultima parte dell'incontro nel gioco degli scacchi. Una fase distinta dal ridotto numero di pezzi superstiti sulla scacchiera e dal fatto che il re non è più soltanto un pezzo da difendere ma diventa anche una figura di attacco.